Coefore

Coefore , che segue “L’Agamennone” e precede “Le Eumenidi”, può essere sintetizzabile nella frase
“I morti uccidono i vivi” pronunciata da un servo del palazzo per annunciare la morte di Egisto.
Dopo l’assassinio di Agammennone da parte di Clitemnestra, Oreste, suo figlio, è lontano, in esilio, mentre la sorella Elettra, in patria, é trattata come una schiava. Le forze divine sono però in movimento: un sogno turba la regina che decide di offrire libagioni alla tomba del marito ucciso per cercare di placarne l’ira vendicatrice.
Da qui il titolo “Coefore” cioè “donne che versano le libagioni”.



Sia nell’ Agamennone che in Coefore c’è un tentativo della regina di controllare gli eventi,
di modificare a proprio favore il volere degli dei; e come per Agamennone la vittoria in
guerra segna l’inizio della sua fine, così per Clitemnestra l’assassinio del marito decreta anche
la sua morte che avverrà proprio per mano di suo figlio: tutti coloro che non riconoscono il limite oggettivo imposto dagli Dei all’azione degli uomini vengono distrutti. In “Coefore” Oreste è “l’atteso” che arrivando dall’ esterno scardina l’ordine empio che si era costituito: come per Ulisse, nel lavacro del sangue avviene la purificazione.

Con quest’ultimo omicidio finisce la maledizione che grava sulla casa degli Atridi e nelle “Eumenidi”, terzo atto dell’ “Orestea”, Apollo salva Oreste dalla furia delle Erinni riconoscendolo, nel giudizio dell’Areopago, innocente del sangue versato della madre.Nella rielaborazione del S’Arza Teatro viene fatta una lettura simbolica dell’azione drammatica: ognuno di noi porta dentro di se il proprio padre e la propria madre e spesso la soluzione di conflitti irrisolti e di drammi quotidiani o la riaffermazione della propria individualità passa dall’uccisione simbolica del padre o della madre che ci portiamo dentro: attraverso quest’atto estremo viene avviato il nostro processo di guarigione.