Tzia Birora


Tzia Birora racconta dello spirito di un’anziana donna sarda, che vaga per la sua antica casa illudendosi d’esser viva, esplorando gli oggetti che gli erano appartenuti e che più non riconosce: le antiche gonne sarde, i grembiuli, le maschere del carnevale, i cestini, i legumi e la frutta che vendeva. Pian piano affiorano i ricordi: la nonna, la sua giovinezza, il parto, il marito morto, la vedovanza, la necessità di proseguire da sola stringendo i denti. D’un tratto si ricorda chi è, non è più spaesata, riconosce la sua casa, le sue cose, con gioia. In quel momento ricorda come è morta… capisce di essere uno spirito, ora può tornare a Dio…
Lo spettacolo è un lavoro sulla memoria: memoria personale, memoria storica e memoria etnica. Il suo linguaggio è puramente gestuale e poggia su musiche che scorrono e lo accompagnano. Volutamente non sono usate parole: la voce è usata esclusivamente nei canti tradizionali o in suoni inventati. Gli oggetti di scena sono antichi, propri di un tempo andato, così come i costumi che appartengono alla tradizione popolare sarda.
La rielaborazione narrativa e la drammaturgia emergono da un’idea registica che è diventata filo del racconto sul tema dell’identità di un popolo.
Il personaggio di Tzia Birora è stato estratto dall’omonimo racconto popolare sardo di Grazia Deledda.

Scrittura scenica e Regia Romano Foddai
Con Maria Paola Dessì